Il 12 maggio riparte il Festival del Cinema di Cannes, una fabbrica di sogni che conserva ogni anno un fascino sempre intatto
di Letizia Annamaria Dabramo
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Immaginate la primavera del 1946: un’Europa prostrata, annichilita dal secondo conflitto mondiale, foriero di morte e distruzione. Milioni di vittime, il dramma dell’olocausto e il terrore dei bombardamenti che certamente continuavano ad incidere nelle coscienze collettive, ma la voglia di rinascere era troppo forte. Una pulsione a risorgere, come un’araba fenice, dalle proprie ceneri: ricostruire, rifare, creare. Fu proprio in seno a quest’aria di rigeneramento che nacque ilFestival del Cinema di Cannes, una delle manifestazioni più importanti – la regina, si potrebbe dire – in ambito cinematografico.
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Tra i fautori della prima edizione figurano nomi del calibro di Louis Lumiére, padre (non solo spirituale) della settima arte, che rese possibile la crescita dell’evento, fino al raggiungimento della fama continentale. Sebbene il Festival del Cinema di Venezia vantasse già diverse edizioni a metà degli anni ’40, la spinta propulsiva e rivoluzionaria di Cannes fu proprio quella di dare voce a tutti gli intellettuali che i totalitarismi avevano messo a tacere nei decenni precedenti, lasciandosi alle spalle le urla, l’orrore della guerra e lo straziante dolore personale, in favore di una rinascita collettiva. Su questa scia furono istituiti altri premi, quali il Festival di Berlino e il Festival Internazionale del Film di Locarno, non già per emulare lo spirito che gli americani avevano riversato negli Oscar, ma per conferire prestigio e autonomia ai movimenti artistici europei, finalmente svincolati dalle ideologie di regime e dalle tanto temute censure.
Come ogni anno, i cinefili di tutto il mondo attendono con ansia il 12 maggio: in quel giorno si aprirà la 63esima edizione del celeberrimo Festival di Cannes. E sarà allora che la città si trasformerà nel cuore pulsante della vita mondana, ospitando attori culto, grandi nomi, mostri sacri e bellezze da capogiro, tutti pronti a sfilare sulla Croisette, alla luce di centinaia di flash.
La prima locandina della manifestazione risalente al 1939, organizzata direttamente da Lumiére, poi sospesa e rinviata al 1946
E a proposito di “paparazzi”, quest’anno si celebrano le nozze d’oro della premiazione del capolavoro di Federico Fellini “La Dolce Vita”. Si tratta di un anniversario non trascurabile, considerando la funzione estetizzante e la fascinazione subìta dallo star-system nel corso dei decenni, proprio grazie a questa pellicola.
Cinquant’anni passati (quasi) in un soffio, che lasciano il retrogusto agrodolce che solo il Maestro di Rimini sapeva dipingere in ogni sua scena, criticando quella società corrotta e putrescente che tentava di ammaliarlo quotidianamente. Affidava le feroci critiche ai suoi sogni, alle proiezioni visionarie di un’infanzia troppo lontana e – last but not least! – al suo alter ego per antonomasia Marcello Mastroianni, ora in veste del giornalista Marcello Rubini (“La dolce vita”), ora nei panni del regista Guido Anselmi (“8 e mezzo”).
Riguardo all’edizione imminente, tra le prime indiscrezioni appaiono nella lista dei giurati i nomi del nostranoGiuseppe Tornatore, reduce dal recente successo del colossal “Baarìa”, e diTim Burton. Quest’ultimo è già stato ospite al Festival nel 1995 (per presentare il suo ironico “Ed Wood”) e successivamente nel 1997 e nel 2006, ma questa decisione pare abbia fatto storcere il naso ad alcuni, dubbiosi sulla presenza di un regista la cui opera è prevalentemente legata al mondo dell’animazione.
E se il controverso cineasta pare non abbia passato abbastanza tempo dietro alla macchina da presa, lo stesso non si può dire per il veteranoRidley Scott, che con il suo “Robin Hood” aprirà le danze in Costa Azzurra. Un’altra scuola, senza dubbio: un cinema complesso il suo, educativo ma non dottrinario, difficilmente catalogabile in un genere. Una nuova pellicola, ma un vecchio eroe: il rude Russel Crowe, che dieci anni or sono incarnò il generale Massimo Decimo Meridio, veste infatti ora i panni del nobile bandito, affiancato dalla delicata ed eterea Cate Blanchett.
La locandina di quest’anno
Ci saranno poi figli d’arte e non solo: Sofia Coppola con il suo atteso “Somewhere”; mentre arriva dal Messico con furore il giovane Alejandro Gonzàlez Inarritu che presenta “Biutiful”, pellicola made in USA, ma con il cast quasi interamente iberico. Si vocifera anche sulla possibile partecipazione al festival del film “Noi credevamo” (di Mario Martone, tra gli attori ci sono Luigi Lo Cascio e Luca Zingaretti) che celebra un’altra ricorrenza, ben più rilevante sul piano socio-politico italiano: i 150 anni dell’Unità nazionale, ripercorrendo le toccanti vicende del Risorgimento e di quei protagonisti i cui nomi non appariranno mai nei libri di storia.
C’è indubbiamente l’imbarazzo della scelta sul vincitore della prestigiosissima Palma d’Oro, dal genere storico al sequel: la Croisette sarà costellata di celebrità, mentre gli occhi sognatori di Juliette Binoche, in veste di novella Marianne, illumineranno questa edizione che si prospetta ricca di emozioni. Quelle emozioni che solo il cinema sa dare, perché “nessun’arte passa la nostra coscienza come il cinema, che va diretto alle nostre sensazioni, fino nel profondo, nelle stanze scure della nostra anima”. Parola di Ingmar Bergman.
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