Niente coppola, niente lupara. La Camorra 4.0 ha poco da spartire con le immagini che la raccontano nei film. I morti ammazzati, le bombe sotto le serrande o le sventagliate di mitra per mandare messaggi di paura sono un grosso fastidio per i signori della mala nel nuovo millennio. Hanno bisogno di silenzio e discrezione: scorre poco sangue e molto denaro sulle nuove strade asfaltate dai mammasantissima. I soldi camminano solo se tutto sembra tranquillo. E nessuno sospetta. nessuno viene ad indagare.
Niente sangue e niente polvere da sparo. Che lasciano tracce, attirano il fiuto degli sbirri. La tranquillità di superficie sta trasformando lo scenario. L’emergenza legata alla criminalità organizzata è sempre di più economica, soprattutto con i fondi del Pnrr. È per questo che i prefetti di Caserta, Latina e Frosinone si sono incontrati stamani nel capoluogo della Reggia; con loro i responsabili delle forze dell’ordine ed i capicentro della Dia di Napoli e Roma. L’attenzione è massima sui territori al confine tra Campania e Lazio. È lì che i clan di camorra si spostano muovendo soldi e imprese a loro collegati. Non si spara più: basta un clic.
Alzare la barriera
«L’obiettivo – ha spiegato ai giornalisti il prefetto di Caserta Giuseppe Castaldo – è quello di rafforzare la prevenzione attraverso strumenti come le interdittive antimafia». In Ciociaria aveva iniziato il prefetto Ignazio Portelli, introducendo un concetto finora sconosciuto: quello della permeabilità alle mafie. È diverso dall’essere associati, diverso dal favoreggiamento esterno: permeabili significa avere a che fare in affari leciti con signori che trattano capitali illeciti. Non significa essere delinquenti ma farci affari. È lì che scatta l’interdittiva: lo Stato dice “Con te non voglio averci rapporti nelle mie gare e nei miei servizi”.
Il prefetto Castaldo ha ribadito che le interdittive sono strumenti importanti. I cui dati confermano la presenza radicata nel Casertano dei clan e delle imprese colluse: 80 le interdittive antimafia rilasciate dalla prefettura di Caserta negli ultimi due anni, numero di gran lunga superiore a Frosinone dove sono state 9 nel biennio appena trascorso. A Latina sono 25 dal 2020.
Ecco quindi che «la prima decisione presa – ha evidenziato Castaldo – è di far riunire periodicamente i Gruppi Interforze Antimafia delle tre prefetture. Sono gli organismi che decidono proprio sui provvedimenti verso le imprese, non solo le interdittive, ma anche gli accessi ai cantieri».
Tre teste per monitorare i clan
Le riunioni periodiche servono a mettere insieme le informazioni ed i punti di osservazione per fare analisi congiunte. Fare così una mappatura dei fenomeni e condividere il patrimonio informativo, velocizzare le procedure. L’obiettivo è quello di scoprire prima i profili in nero nascosti nell’ombra «e rendere tempestivi gli interventi di prevenzione, ma anche a valutare dopo l’emissione delle interdittive i cambi nella proprietà aziendali, il movimenti di mezzi e risorse tra le tre province».
Il prefetto ha rivelato che sono stati individuati i settori economici di priorità, quelli ‘sensibili’ in cui andare a fare le analisi. Quali sono? La logistica, i trasporti, l’edilizia, l’ambiente, l’agroalimentare, le attività private economiche come la ristorazione, gli alberghi, le attività sanitarie. Le indagini dicono che si investe lì.
Il prefetto ha poi detto che si stanno monitorando «con attenzione anche i movimenti relativi alle piazze di spaccio di Caivano, che potrebbero spostarsi nelle zone limitrofe del Casertano».
L’armistizio di Latina
«La provincia di Frosinone – ha detto il prefetto Ernesto Liguori – è zona di interesse per la criminalità di origine campana ma anche di altre parti d’Italia. E la collaborazione tra prefetture è utile per rafforzare prevenzione». A Latina qual è la situazione? Il prefetto Maurizio Falco ha detto che «vige una sorta di armistizio criminale che raramente assume toni violenti, però con l’arrivo del salvadanaio ‘Pnrr’ noi ci siamo allarmati; anche per questo abbiamo deciso di riunirci per condividere informazioni su quelli che sono i principali interessi economici della criminalità organizzata al fine di colpire le imprese colluse prima che arrivano al Pnrr“.
Formia è la città che doveva essere il buen retiro dei Bardellino, camorra storica di Casal di Principe spostatasi nel sud-pontino negli anni Settanta. Poi c’è stata un seconda e ben più massiccia ondata di emigrazione: risale a quasi trent’anni fa dopo aver perso la guerra di inizio anni 90 con il gruppo Schiavone-Bidognetti.
Per il comandante dei Carabinieri di Caserta Manuel Scarso «i Bardellino hanno effettuato investimenti in quel territorio, e per questo sono sempre più attuali le parole di Falcone sul seguire i soldi come fulcro dell’attività investigativa antimafia, in quanto i clan si muovono attraverso i territori e così i soldi e le loro aziende. E in questa fase i clan guardano soprattutto agli investimenti del Pnrr».
Anche il questore di Caserta Andrea Grassi sottolinea la necessità di indagare «con la massima intensità sugli interessi economici dei clan, penso alle agromafie, anche perché si tratta di interessi sempre più delocalizzati. Le riunioni di oggi attestano la consapevolezza che c’è ormai una dimensione della criminalità che non può essere localistica».
Prossima riunione a Frosinone a fine novembre.
(Foto di copertina © DepositPhotos.com)