Roma, 1 nov – Ma che noia, fatecelo dire. Una riformina che più ina non si può, quella del premierato, scatena le solite reazioni isteriche, guarda un po’, a sinistra, dove la parola “democrazia” è rigorosamente casuale, randomica, sparata qui e lì con gli antifascismi da teatro.
Premierato, le scene isteriche a sinistra
I democratici sono così democratici da infastidirsi se a votare il premier sarà il popolo. E solo questo basterebbe per farsi delle grasse risate a riguardo. Quel luminare, quel faro assoluto della politica fucsia – oltre che ufficialmente “verde” – di Angelo Bonelli grida con orgoglio la sua resistenza personale: “Ci opporremo”. Opporre a cosa, resta un mistero. Elly Schlein e Nicola Fratoianni non potevano mancare al circo equestre e lanciano addirittura l’allarme del golpe. Il segretario del Pd dice poi la sciocchezza delle sciocchezze: “Smantella la forma parlamentare”. Ma dove, se il sistema parlamentare medesimo non viene – aggiungiamo noi, purtroppo – minimamente toccato? Riccardo Magi di Più Europa la spara, così, per rendere tutto più divertente: “Con il premierato l’Italia si avvicina all’Ungheria”. Questo dando seguito al delirio in salsa Bruxelles su Budapest retta da un regime dittatoriale, dopo cinque elezioni consecutive in cui Viktor Orban non ha semplicemente vinto, ma stravinto alle consultazioni di voto.
Una riforma che non cambia praticamente nulla, a parte un voto
Come dicevamo già ieri, il premierato non cambierà quasi nulla. Ancora meno di proposte di riforma precedenti. C’è un’elezione, una legge elettorale (cosa avvenuta già in passato, senza modificare certamente Costituzione) e una norma anti-ribaltone. Fine. Molto di meno. Il caos cialtrone quindi fa ancora più ridere (o piangere, a seconda di come approcciamo alla vita, oltre che alla politica, direi io). Nessun maggior potere al premier, che resta il solito poveretto amministratore di condominio, anzi forse anche meno. Nessuno spostamento verso un minore parlamentarismo. Nulla. Si elegge soltanto. Non c’è altro. Inutile? No, questo mai. Perché in una Nazione che non riesce a fare le riforme grosse è già tanto riuscire a spostare i drammi di questa Costituzione con quelle piccine, sperando che si accumulino tra loro e si inizi quanto meno a modificare lo schizofrenico assetto istituzionale nato nel 1948. L’ultima volta, per puro caso, si sono ridotti i parlamentari, una modifica che è sempre stata presente nelle riforme istituzionali proposte in passato, tutte bocciate. Che da sola serve a poco o nulla. Ora si sposta l’attenzione su un’immagine leggermente più “presidenziale” del capo del Governo, che se eletto direttamente quanto meno potrà godere di un maggior “prestigio” – che però meccanicamente non si traduce in nulla, si spera che lo divenga almeno dal punto di vista culturale – nell’esercizio delle sue pochissime funzioni. Non c’è altro, la deriva autoritaria sta solo nella testa fritta della sinistra (ma, con onestà intellettuale dobbiamo aggiungerlo, di chiunque si oppone ad ogni minima riforma della Costituzione italiana nei rapporti tra Parlamento e Governo).
Stelio Fergola
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