
“Film evento”. Un termine entrato ormai stabilmente nel vocabolario cinematografico. Siamo negli Stati uniti, nella primavera del 2019. Il pubblico sugli spalti esplode in un’ondata irrefrenabile di entusiasmo. Partono ole, cori, applausi. Quello a cui stanno assistendo però non è né un concerto, né la finale della coppa del mondo, né alcun tipo di evento sportivo, è la proiezione al cinema di “Avengers: endgame”, il culmine di dieci anni di “Marvel cinematic universe”.
Non si tratta di un caso isolato. Nel 2021 si ripetono urla e applausi in sala per i tre Spider-man di “No way home”. Il 2023 è l’anno del “Barbenheimer”, un fenomeno culturale che univa, ironicamente, i due blockbuster dell’anno, “Barbie” di Greta Gerwig e “Oppenheimer” di Cristopher Nolan. Due film agli antipodi, usciti in contemporanea negli Usa, ma che proprio per questo colpirono l’immaginario collettivo. Nei cinema si potevano vedere lunghissime file di spettatori divisi a metà tra outfit rosa shocking e grigi cosplay del celebre scienziato interpretato da Cillian Murphy. Un fenomeno che, tramite l’enorme diffusione sui social, è arrivato anche in Italia, tra l’altro in maniera piuttosto strana e fuori contesto, visto che da noi i due film sono usciti ad un mese di distanza l’uno dall’altro.
Insomma, negli ultimi anni la creazione di fenomeni culturali di massa attorno all’uscita di alcune enormi produzioni hollywoodiane, seppur presente da sempre nella storia del cinema, sta diventando un fatto sempre più frequente, molto spesso cavalcato dalle grandi major americane, disposte a mettere a rischio la propria credibilità artistica per andare incontro alla richiesta di trash e meme delle giovani generazioni.
Ed è in questo contesto che s’inserisce l’ultimo clamoroso caso di “Un film minecraft”.
So bad it’s so good
Uscito nelle sale ad inizio aprile 2025, il film, tratto dall’omonimo e amatissimo videogioco “Minecraft”, sta macinando incassi su incassi al botteghino, diventando un esempio da manuale per spiegare questo tipo di fenomeno.
Il film di per sé è piuttosto mediocre, ma fa del suo essere trash e cringe (ovvero talmente brutto e “disagiante” da creare imbarazzo) il proprio punto di forza. L’opera di Jared Hess (già regista di “Napoleon dynamite” del 2004 e “Nacho libre” del 2006) unisce il “fascino” per il film brutto (gli americani direbbero so bad it’s so good), al vero e proprio culto creatosi negli anni attorno a “Minecraft”, il secondo videogioco più venduto della storia, e alle interpretazioni di attori pop come Jack Black e Jason Momoa.
Il risultato? Più di mezzo miliardo di dollari incassati in poco meno di venti giorni e un sequel già in lavorazione.
L’effetto collaterale? Sale piene di ragazzi e ragazze che, trascinati dall’euforia (o follia) collettiva, reagiscono al film lanciando pop-corn e bibite, urlando, saltando sui sedili e arrivando a commettere atti vandalici che costringono all’intervento le forze dell’ordine, come si può notare in molti video che girano in questi giorni sui social.
Come spesso accade quando parliamo di cinema, o perlomeno quando lo trattiamo come fenomeno di massa e commerciale, ci riferiamo in realtà principalmente agli Stati uniti e comportamenti simili nelle sale italiane sono più rari. Tuttavia, è interessante notare come il sempre maggior peso dei “film evento” quali motori trainanti dell’industria hollywoodiana, e che, senza i quali l’intero settore cinematografico rischierebbe di collassare sotto i suoi stessi debiti, privandoci anche di quelle grandi opere d’arte che da cinefili amiamo, stia rapidamente sconvolgendo i nostri paradigmi sul comportamento in sala.
Cinema o arena?
Appare evidente che, a fronte di una sempre maggior volontà da parte delle major americane di cavalcare con i propri film l’onda dei social, l’esperienza della visione in sala rischia di trasformarsi in qualcosa di sempre più simile a un concerto o a una partita allo stadio, in cui il pubblico è chiamato ad interagire con ciò che vede e l’esperienza non sta nel momento artistico e culturale, ma nel fatto collettivo e sociale.
Un evento, appunto, che in quanto tale attira un pubblico che frequenta i cinema solo occasionalmente e che è quindi poco abituato alla visione in sala.
In questo c’è però da dire che, al di là dell’ovvia follia scatenata dai social, ai limiti dell’imbarazzante, un notevole ruolo viene giocato non solo dalle stesse case di produzione, ormai incapaci di attirare con i propri film un pubblico cinefilo e “fedele” alla visione nei cinema, ma anche dagli stessi esercenti e distributori, che con un continuo aumento dei costi dei biglietti e con la scomparsa dei piccoli cinema cittadini o di provincia (si veda il caso romano degli ultimi mesi) in favore della concentrazione nei grandi multisala non favorisce certamente una frequentazione continuativa da parte del pubblico, specie delle classi popolari.
Multisala che, tra l’altro, tramite l’installazione di poltrone sempre più comode, spaziose e reclinabili, e ogni tipo di comfort, tendono ad avvicinare la visione in sala a quella casalinga, alimentando la confusione comportamentale di chi a questo mondo non è abituato. Immaginate, con un esempio un po’ blasfemo, di andare in chiesa, o in qualsiasi luogo di culto, e invece di trovare i banchi tradizionali trovaste dei divani con tanto di birra e patatine. Certamente il rito perderebbe molta della sua aura.
Certo, il cinema nasce come momento sociale (si pensi che la sua nascita viene fatta risalire al 1895 proprio perché i Lumière, con il loro cinematografo, superarono la visione individuale del kinetoscopio di Edison e trasformarono il film in un vero e proprio rito comunitario) e sicuramente, nella grave crisi che attanaglia l’industria, pellicole come “Minecraft” rappresentano una vera e propria boccata d’aria fresca.
Il punto però è: quanto può reggere ancora l’equilibrio tra arte e socialità su cui si fonda il cinema? Siamo davvero disposti a sacrificare la nostra concezione stessa di cinema, del rito collettivo e culturale che ha appassionato milioni e milioni di spettatori, rendendola l’arte popolare e di massa per eccellenza, per provare a salvarlo?
Immagine di copertina: scena tratta da “Un film Minecraft”.
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