
Ci sono luoghi e attività che con il loro carico di storia e tradizione caratterizzano intere città. Tra queste c’è l’Antica Barberia Peppino a Roma, a pochi passi da piazza di Spagna. Uno di quei locali ricchi di maestria e arte, nei quali si respira ancora l’atmosfera di una volta. Ne abbiamo parlato con il titolare, il signor Piero Migliacci, calabrese classe 1937 nato e cresciuto a Schiavonea da famiglie di antiche origini di Corigliano, che da decenni porta avanti quest’attività di successo.
Partiamo dal 1957, quando apre la Bottega Peppino a un angolo di via Mario de’ Fiori, con il maestro Peppino Ricciardo Calderaro.
«Parliamo di un’attività che godeva di una clientela di altissimo livello. Io sono arrivato nel 1966, dopo essermi formato a Milano. Mi sono innamorato immediatamente di questa piccola bomboniera che era la sua bottega. Abbiamo lavorato insieme per trent’anni, anche se ci sono stati parecchi contrasti, perché caratterialmente eravamo molto diversi. Quando Peppino poi ha chiuso, ho deciso di aprire la mia attività, portando con me l’affezionata clientela che avevamo. Nasce così la mia storia. Nonostante i dissidi avuti, il giorno dell’inaugurazione ho dato le chiavi a Peppino per fargli aprire la bottega, dato che portava il suo nome. Lui rimase molto meravigliato, visti i rapporti freddi che c’erano stati, ma, pur nelle differenze, tra noi c’è stato sempre rispetto. Ricordo che mi portò nel retro e ci bevemmo un bicchiere di whisky insieme».
Facciamo un passo indietro. Quali sono le sue origini e come è arrivato a diventare un noto barbiere?
«Nel 1959, per vedere il mondo che c’era al di là del mio paesino, sono andato a fare il militare, trascorrendo quindici mesi a Roma. Poi, per motivi sentimentali, ho deciso di lasciare la Calabria e sono andato prima in Germania, poi sono tornato a Roma e ho fatto un corso per parrucchiere per donna, ma non ho proseguito su questa strada per motivi di salute della mia futura moglie. Successivamente sono andato a Milano, dove lei si era trasferita, ho fatto l’Accademia e sono diventato maestro. Poi il ritorno a Roma e l’incontro con Peppino. Nella mia vita, quindi, ho girato molto, ma posso dire di aver avuto successo».
Un mestiere che è parte integrante e inscindibile della sua persona.
«Le racconto un episodio. Nel 2014 dovevo rinnovare la carta d’identità. Ma il funzionario mi ha detto che non si poteva indicare “barbiere” come professione, a seguito di una decisione della Comunità europea. Sono riuscito però a convincerli, perché sono e sarò sempre il barbiere!».
La sua barberia ha avuto da sempre una clientela di altissima qualità.
«Tra i personaggi che hanno popolato in questi anni la mia barberia e con cui ho stretto un bel legame c’è l’americano James Conlon, un grande direttore d’orchestra. Giornalisti come Enzo Biagi. E ancora un funzionario della Fao francese, con cui un giorno ho discusso per la decisione dell’Europa di togliere la voce “barbiere”. Non tanto per me, ma soprattutto per rispetto di figure come Pierre Beaumarchais, l’autore del Barbiere di Siviglia. Lui mi rispose dicendomi che sarei stato premiato dal governo francese. Dopo diversi mesi ho ricevuto questo graditissimo omaggio dell’onorificenza di Chevalier. Nella mia carriera ho cercato sempre di portare avanti sia il nome di quell’antica bottega di Peppino, sia l’altissima qualità professionale. Abbiamo ancora oggi nella nostra barberia in via della Vite una clientela selezionata, come grandi industriali o i vertici dei più importanti marchi di moda».
Per tenere ad alti livelli un’attività come la sua è importante anche agire da imprenditore.
«L’aspetto del marketing è fondamentale. Ho sempre cercato di curare l’immagine della barberia, che infatti è conosciuta anche a livello internazionale. Da poco è uscito un romanzo sulla mia storia, intitolato “La vittoria di Piero”, scritto da Veronica Meddi. Il mio è il racconto di un sogno che si è avverato».
Per lei è stato da sempre fondamentale curare il rapporto con il cliente.
«Senz’altro. Tra le mie intuizioni, quella di riunire i commenti e i pensieri dei clienti, che sono stati raccolti in un volume intitolato “Le forbici e il pettine”. All’interno ci sono testimonianze di grande prestigio, da giornalisti come Mario Pirani a vari ambasciatori, passando per direttori generali di banche, tenori, o lo storico Claudio Pavone, con delle interessanti ricostruzioni sull’arte del barbiere nelle varie epoche».
Nella sua bottega sono transitati anche grandissimi personaggi dello spettacolo.
«Un faro per la mia carriera è stato Johnny Dorelli. Nel 1958, quando vinse Sanremo in coppia con Domenico Modugno con “Nel blu, dipinto di blu”, io avevo già un’attività di barbiere al mio paese in Calabria, e sognavo un giorno di poter tagliare i capelli a qualcuno di questi grandi personaggi come lui che vedevo in tv. Nel 2008 Dorelli mi disse che andava a Sanremo, e io mi emozionai, ripensando a quel sogno di cinquant’anni prima che finalmente si realizzava. Mi chiese come mai ero così commosso, e quando gli spiegai il motivo, festeggiammo con una bottiglia di champagne. Sia lui che i figli sono ancora oggi nostri clienti. Tra i ricordi più significativi anche l’incontro con Woody Allen, che ha girato nella nostra barberia alcune scene del film “To Rome with Love”».
Tanti sogni realizzati, dunque, ma ancora numerosi progetti in cantiere.
«La barberia prosegue a gonfie vele, con mio figlio Alessandro che ha deciso di seguire le mie orme, e i nostri bravissimi collaboratori. Sono partito con poco, ho realizzato i miei obiettivi, ma continuo ad emozionarmi e appassionarmi. Venivo da un piccolo borgo, e ho avuto l’opportunità di incontrare personaggi di alto livello come i principi Torlonia, Colonna, Ruspoli, Boncompagni, Marconi e altri. Ma dico sempre che i miei clienti sono tutti principi, quasi re! Comunque non mi fermo».
Cos’ha in mente?
«Qualche anno fa ho pensato di omaggiare Beaumarchais e Rossini, e ho fatto fare dal celebre scultore Carmine Cianci dei piatti con i loro volti e il mio. A settembre sarò in Calabria, a Corigliano, per premiare tre soggetti per un concorso delle scuole superiori su queste importanti figure e sull’arte del barbiere».
Dal punto di vista della tecnica professionale, quanto è importante per lei mantenere un approccio tradizionale?
«Io sono il barbiere. Nella mia ottica il barbiere non deve usare le macchinette, come va ora di moda, ma pettine e forbici. Io e i miei collaboratori continuiamo a lavorare così, con rasoio a mano libera, modellando il taglio in base al cliente. Come un abito su misura. La nostra è una barberia antica, ma non vecchia».
Oltre alle sue capacità, a chi deve dire grazie per il suo successo?
«Ho realizzato i miei sogni anche grazie a mia moglie, che conosco da 69 anni, perché inizialmente volevo andare via da Peppino, visti gli screzi, ma lei mi ha fatto ragionare convincendomi a restare. Ha frenato il mio entusiasmo quando era eccessivo, tenendomi con i piedi per terra. Ringrazierò sempre mia moglie Carmela, un sostegno discreto ma costante in tutti questi anni».