
Kintsugi: Elogio dell’Imperfezione, Elisabetta Di Sopra
a cura di Marta Boscolo Marchi e Alessandra Santi
Museo d’Arte Orientale (Ca’ Pesaro, Venezia)
Dal 24.05 al 22.06.2025
[performance dal vivo sabato 21 giugno, ore 19.00]
Rispetto è forse il termine più eloquente per descrivere l’ordito profondo che sostiene l’intera produzione artistica di Elisabetta Di Sopra, videomaker e performer veneziana di consolidata esperienza. Un rispetto inteso come misura, attenzione, memoria, empatia e cura: valori che, intrecciati all’eleganza del suo gesto creativo, si traducono in una pratica artistica coerente e raffinata, sempre capace di rinnovarsi nella forma pur restando fedele a una poetica riconoscibile. Questi elementi riaffiorano con forza nell’ultima opera dell’artista, Kintsugi: elogio dell’imperfezione, un progetto che si sviluppa attraverso un video a tre canali e una serie di stampe in acquaforte, in dialogo sensibile con le collezioni permanenti del Museo d’Arte Orientale di Venezia.
Il Kintsugi è una tecnica giapponese che consiste nel riparare ceramiche rotte con una speciale lacca arricchita da polvere d’oro. Più che una semplice tecnica, il Kintsugi incarna una filosofia: quella del wabi-sabi, che celebra la bellezza dell’imperfezione, della transitorietà e dell’incompiutezza. Elisabetta Di Sopra ne abbraccia i principi fondanti – mushin (lasciar andare), anitya (impermanenza), e mono no aware (consapevolezza della fragilità delle cose) – integrandoli nella propria ricerca artistica come strumenti di riflessione e trasformazione.
Nel video Come un fiume che scorre, i protagonisti sono invitati a prendersi cura delle proprie cicatrici tracciandole con un sottile filo d’oro steso a pennello. Un gesto sobrio, essenziale, che diviene metafora potente: rito intimo di riconciliazione con il dolore, accettazione di sé e rigenerazione interiore.
L’opera di Elisabetta Di Sopra si intreccia poeticamente con le porcellane del museo, anch’esse segnate e al contempo valorizzate da quelle “ferite dorate” che raccontano una storia di frattura e di rinascita, perché, come osserva Marta Boscolo Marchi, non si tratta mai di mera decorazione, ma di “una sutura simbolica che unisce passato e presente, dolore e trasformazione, generando una nuova rinascita”. Alessandra Santin, a sua volta, ci invita a leggere il lavoro di Elisabetta Di Sopra come fosse “una lente d’ingrandimento sui fenomeni sociali” e ci ricorda che le sue radici affondano nella cultura contemporanea occidentale.
L’opera di Elisabetta Di Sopra è dunque denuncia sottile ma decisa, dei canoni estetici imposti dalle mode e degli stili di vita dominanti, un invito a riconoscere e ad accogliere il corpo segnato dal tempo o dalla sofferenza, ad ascoltarlo e a ripararlo con cura e rispetto.
Accogliere la propria imperfezione e riconoscere la fragilità come parte inscindibile dell’esistenza: è questo il filo conduttore che attraversa la poetica visiva di Elisabetta Di Sopra e Kintsugi: Elogio dell’Imperfezione, è un’opera che ci invita a considerare le ferite non come un limite, ma l’origine di una nuova forza che nasce dal confronto con la propria vulnerabilità.
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