
Il 14 aprile 2025 l’Osservatorio Fitosanitario della Regione Puglia ha ufficializzato l’individuazione di un nuovo focolaio di Xylella fastidiosa in agro di Minervino Murge, nella provincia di Barletta-Andria-Trani. Il batterio è stato individuato dalle analisi su una sola pianta di olivo in una posizione ben più a Nord delle aree infette di Bari e Taranto, vicina al confine con la Basilicata e non lontano dal confine con la provincia di Foggia. Un caso che sembra fare il paio con quello del 2019 che rimase circoscritto a Canosa di Puglia. Ma allora si trattava di piante ornamentali presenti all’interno di un vivaio, in questo caso invece il ritrovamento è stato effettuato in pieno campo e per di più su una pianta di olivo.
Immediata l’azione dell’Osservatorio, che ha delimitato l’area focolaio e la zona cuscinetto, misure previste dall’articolo 4 del Regolamento Ue 2020/1201. Il caso di Minervino Murge riaccende l’attenzione su cosa fare per fermare l’avanzata dell’infezione. Ci siamo rivolti al prof. Marco Scortichini, patologo vegetale, già dirigente di ricerca, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea), di Roma.
Dottor Scortichini, si parla di xylella da quasi vent’anni, 21 milioni di ulivi sono andati perduti ma in realtà da studi interdisciplinari a cui lei sta partecipando da oltre un decennio, emerge che si dovrebbe parlare di disseccamento rapido dell’olivo, di cui la xylella è solo una conseguenza. Lei è stato in grado di fornire cure semplici per salvare gli ulivi in disseccamento mentre tutti parlavano di eradicazioni e sostituzioni. Cosa sta emergendo dai vostri ultimi studi?
“Sta emergendo molto chiaramente che si tratta di una cosiddetta ‘malattia complessa’. Il deperimento dell’olivo è determinato dalla presenza nelle aree olivicole salentine di più fattori, di origine biologica e no, che, contemporaneamente nel corso degli ultimi decenni, hanno causato i ben noti deperimenti. Un ruolo preminente è senz’altro rivestito dal cambiamento climatico. Sono state analizzate le serie storiche climatiche registrate nel Salento negli ultimi 35 anni e si è osservato, nel periodo estivo, sia un innalzamento delle temperature massime (molto spesso oltre i 35°C) che episodi ricorrenti di prolungata siccità”.
“Contestualmente, oltre a Xylella fastidiosa, si è osservata la diffusa presenza negli oliveti di funghi molto virulenti, in grado di provocare disseccamenti nel giro di pochissime settimane. Ne consegue che gli oliveti, solitamente non irrigati, sono risultati stressati dalle ondate di calore e preda degli agenti patogeni quali funghi e Xylella; l’insieme di tali concause provoca il deperimento della pianta. Va sottolineato come, nel mondo, lo studio delle malattie delle piante, soprattutto quelle legnose, è da anni indirizzato alla definizione dei fattori di ‘stress’ per l’albero, ritenuti determinanti per iniziare il fenomeno complesso del deperimento. In altre parole, il concetto di ‘un patogeno-una malattia’ non sempre corrisponde al vero”.
“A conferma del ruolo fondamentale svolto dagli stress climatici si è evidenziato come, a cavallo degli anni in cui è stata osservata la rapida diffusione dei deperimenti nel Salento (anni 2007-2018), si è assistito a lunghi periodi estivi siccitosi ripetuti negli anni, accompagnati da temperature dell’aria molto alte. In questo contesto appare evidente come i funghi e Xylella abbiano potuto ‘innescare’ la loro virulenza in un albero indebolito. Il ruolo dei funghi è da ritenersi molto importante anche perché, a seguito dei monitoraggi che si svolgono annualmente nelle aree ‘contenimento’ e ‘cuscinetto’, quelle immediatamente a nord della vasta ‘zona infetta’, nella maggior parte dei campioni prelevati da alberi di olivi che presentavano disseccamenti parziali della chioma (97%) Xylella fastidiosa non è stata rinvenuta. Ne consegue, molto chiaramente, che i disseccamenti della chioma osservati sono causati da qualche altro motivo ed è noto che molti funghi inducono disseccamenti”.
Sappiamo anche che nel basso Salento (a differenza di quello che succede nel nord barese) è in atto un diffuso fenomeno di ripresa vegetativa negli alberi di olivo precedentemente colpiti dal deperimento, un fenomeno che era ritenuto impossibile da molti, specialmente nel mondo scientifico…
“Si tratta di un fenomeno ritenuto da molti inaspettato, ma che sta assumendo una forte rilevanza sia di prospettiva economica che scientifica. Nella provincia di Lecce (quella che ha fronteggiato per prima l’avanzare del disseccamento) da 4-5 anni si sta assistendo ad una ripresa vegetativa in alberi di Ogliarola salentina e Cellina di Nardò, notoriamente varietà di olivo molto suscettibili al deperimento. Tali alberi non sono stati sottoposti a nessun tipo di trattamento di mantenimento dopo la comparsa del fenomeno. In altre parole, sono stati abbandonati a loro stessi per molti anni”.
“In passato si notava che i polloni che vegetavano nuovamente alla base dell’albero, dopo che la parte superiore appariva come morta, deperivano a loro volta dopo un circa un paio d’anni dalla loro comparsa. Ebbene, negli ultimi anni questi polloni non muoiono più e, in molti casi, hanno già ricostituito la chioma dell’albero e sono tornati produttivi (vedi figura 1). Il fenomeno è diffuso in tutta la provincia, è riferibile a moltissime piante e sembra essere duraturo, nel senso che non si assiste e nuovi ed estesi avvizzimenti della chioma. Molti olivicoltori hanno iniziato nuovamente a ricostituire l’oliveto. Va sottolineato come alcuni frantoi del basso Salento, in precedenza chiusi per mancanza di produzione, nel 2024 hanno iniziato a molire nuovamente le olive ottenute da questo tipo di alberi”.
Figura 1. Impianto resiliente di olivo in provincia di Lecce. L’olivicoltore ha ripristinato l’impianto dopo l’iniziale abbandono. E’ evidente come l’impianto sia costituito dai polloni allevati ad albero
In pratica lei sta dicendo che le piante in fase di disseccamento stanno mostrando una inaspettata capacità di quella che viene definita “resilienza”, ossia la capacità di autorigenerarsi dopo aver subito un forte danno…
“È proprio così. Fenomeni simili sono noti per altre specie legnose, quali le querce, in grado di riprendersi spontaneamente dopo un evento (ad esempio un incendio) che ne ha distrutto la chioma. Va comunque precisato che gli alberi completamente morti non sono in grado di produrre nuovi germogli. Per l’olivo colpito dal ben noto deperimento è un fatto nuovo che si sta studiando anche dal punto di vista scientifico per capire cosa induce, ora, la pianta a resistere alla malattia, visto che ancora permangono tutti i fattori di stress prima evidenziati nonché gli agenti patogeni, funghi, xylella e il suo vettore”.
“A tale riguardo, è risultato molto interessante verificare come olivi resilienti ospitano un elevato numero di cellule di xylella senza mostrare alcun segno di avvizzimento. Vale a dire che, mentre prima questi alberi avrebbero dovuto manifestare chiari sintomi di avvizzimento, ora non ne mostrano. Dai primi studi effettuati sembrano coinvolte alcune molecole in grado di conferire un notevole grado di resistenza nei confronti degli agenti patogeni. Tali fattori risultano maggiormente espressi negli alberi resilienti a confronto con quelli che mostrano i segni della malattia. Questo fenomeno, se seguito e diffuso da parte degli olivicoltori salentini, consentirebbe di mantenere in vita varietà che producono un olio dalle eccellenti qualità organolettiche, rappresentando, così, una possibile ripresa economica dell’area”.
Quindi il disseccamento è curabile e non è una condanna a morte delle piante colpite. Eppure c’è ancora chi nega la possibilità di curare gli olivi colpiti dal deperimento…
“Questo è un punto molto dolente di tutta la vicenda. Si è confuso, e lo si continua a fare, il concetto di ‘cura’ con quello di ‘eradicazione’. Per le malattie delle piante la cura o terapia consiste nel somministrare alla pianta dei prodotti, di sintesi, naturali o biologici, in grado di ridurre la concentrazione delle cellule del patogeno o sulla superficie fogliare o, come nel caso del deperimento dell’olivo, all’interno della pianta. Tutte le malattie delle piante sono ‘curate’ con questo principio: tratto la pianta, riduco la carica del patogeno nell’impianto, raccolgo, produco e l’anno successivo ripeto la strategia”.
“In altre parole, a seguito dei trattamenti gli agenti patogeni non scompaiono dalla coltivazione, cioè non si eradicano. Ebbene, nel caso del deperimento dell’olivo si critica tale strategia perché non elimina xylella dall’albero. Perseguire l’idea che si possa eliminare completamente un patogeno che vive nello xilema della pianta ed è in grado di colonizzare efficacemente tutto l’albero è un’utopia. Questa interpretazione della ‘cura’ come non in grado di ‘eradicare’ xylella, propagandata reiteratamente negli anni, ha causato negli olivicoltori un atteggiamento di abbandono”.
Non dobbiamo dimenticare che l’olivicoltura nel territorio pugliese rappresenta un unicum mondiale e che dovrebbe essere preservata con ogni mezzo, mentre in reazione alla crisi “xylella” si è imposta con un po’ troppa facilità l’eradicazione come unica soluzione mentre alla luce delle ultime evidenze scientifiche ci sono soluzioni meno drammatiche ben più efficaci…
“In effetti, pensare di contenere epidemie complesse come quella che sta interessando la Puglia da molti anni solamente con l’eradicazione degli alberi infetti non ha mai prodotto risultati soddisfacenti sia nel breve che nel lungo periodo, come dimostrato dalla gestione di eradicazione di alcune malattie degli agrumi in Florida e in Brasile. È solo mettendo insieme differenti soluzioni che è possibile raggiungere una convivenza duratura ma per questo ci vuole la volontà di tutti”.
“Ci stiamo adoperando per fornire una strategia di difesa più completa che consideri la presenza di funghi negli oliveti, e quindi quegli interventi richiesti per fronteggiarli, prendendo in considerazione anche gli aspetti climatici. Ne consegue che stiamo consigliando, dove possibile, di fornirsi di impianti di irrigazione per limitare i danni causati dalla siccità. Appare evidente che chi sta seguendo i principi della cura, semplici ed economici, sta salvando gli alberi. Si sottolinea come la gestione dell’oliveto risulta possibile anche nei casi in cui l’oliveto confinante non effettua alcun tipo di azione di contrasto (vedi figura 2). Sono molte, infatti, le aziende curate circondate da oliveti abbandonati e completamente disseccati. Le strategie curative sono di particolare valore anche nelle aree dove il paesaggio olivicolo riveste un ruolo fondamentale per l’economia locale attraendo molti turisti. In queste aree si è proposto e finanziato anche l’innesto con varietà tolleranti ma tale approccio comporta rischi inerenti all’attecchimento delle marze la cui riuscita non è comprovata da studi scientifici, e l’eventuale mancato reddito dell’oliveto per molti anni”.
Figura 2. Oliveto curato in provincia di Lecce. E’ evidente come sia possibile salvaguardare l’impianto anche quando si è confinanti con oliveti abbandonati a loro stessi
Quali azioni sarebbero auspicabili in futuro per una gestione del deperimento dell’olivo?
“Da un punto di vista della ricerca scientifica si dovrebbero approfondire gli studi volti a chiarire le relazioni tra i vari fattori che concorrono ad indebolire l’albero, in modo da chiarire quale sia il singolo ruolo e l’interazione tra loro. Studiare un singolo patogeno, infatti, porta ad una conoscenza limitata, non in grado di fornire adeguate soluzioni al contenimento della malattia. Da un punto di vista della tutela dell’olivicoltura e del paesaggio si dovrebbero incentivare tutte le pratiche e le strategie curative che, pur in presenza dei patogeni, consentano di mantenere produttivo l’oliveto”.
“Molto spesso, potature adeguate, gestione della fertilità del suolo e trattamenti alla chioma con prodotti curativi ristabiliscono in breve tempo la produttività dell’oliveto. Evidenziare, inoltre, tutti i fenomeni di resilienza degli alberi e favorire la loro naturale ripresa mediante le tecniche di mantenimento e controllo ormai disponibili. Gran parte del territorio è andato perduto ma non possiamo rassegnarci a perdere anche il resto, anzi, ci sono segnali che le cure funzionano e sia possibile un recupero ambientale e produttivo del nostro territorio e della nostra agricoltura olivicola”.