
Il tifo è da sempre a senso unico. Ama, incita, chiede. Soprattutto spera. E la speranza è frutto dell’amore, della passione, dell’appartenenza.
Il tifo non premia solo la vittoria. Anzi. Si manifesta orgogliosamente quando sente l’anima della propria squadra, quando avverte il “non solo”.
Non solo per soldi, per immagine, per vantaggi personali.
Ed è capace di rinunciare a ciò che ha di più caro, il successo della propria squadra, se avverte la dedizione, il sacrificio, la purezza dei sentimenti.
E qui scatta l’applauso liberatorio, l’urlo di sostegno, lo sguardo di complicità e di affetto.
Poi nell’anima giace, sempre pronto ad emergere, il libro dei perché.
Perché si è perso, perché non si è investito, perché si è venduto.
Si sfogliano le pagine una a una ricordando i passi fatti fin dall’inizio con le speranze ora divenute illusioni.
A volte si cerca un nemico.
Il “fato”, se non si sa con chi prendersela, gli arbitraggi, la proprietà, l’allenatore, i giocatori fino ad arrivare agli stessi tifosi, perché non sufficienti a dare la spinta necessaria.
Ma il nemico scompare facilmente per diverse ragioni.
Per i pareri diversificati che creano dubbi, per la storia reale che si incarica di raccontare debolezze e limiti e, in fondo, perché si sa che il “nemico” conta poco.
Bisogna infatti pensare al futuro.
E si cerca si cancellare di dimenticare il passato.
Per poter di nuovo tornare a sognare, a credere, a essere orgogliosi dei risultati.
Mi sono sempre chiesto come si faccia a essere così tifosi per lo sport e spesso così addormentati nel guardare alla vita quotidiana.
E ho capito che il problema sono le dimensioni.
Dimensioni di “fede” le chiamerei.
Nella vita quotidiana la ragione recita un ruolo notevole.
Si oppone, contesta, approva, motiva, legge e spiega.
E sempre la ragione subisce l’amarezza, il distacco, l’omertà, il favoritismo.
E se c’è passione con la ragione essa si lega al pensiero, al vivere, alle condizioni in cui si consuma la propria esistenza.
Nel sostenere una squadra la ragione fa capolino spesso ma è anche capace di ritirarsi al cospetto della fede.
Addirittura costruisce pensieri ed idee in pieno accordo e mai distanziandosi proprio dalla fede.
Nella passione del tifo si compenetrano i mondi, si guardano i destini, si esprime il coraggio del rischio e la volontà di tattiche e strategie.
Nella vita suvvia tutto ciò accade in maniera assai diversa.
Certo nel tifo e nella vita una cosa in comume c’è: si lavora per tappe, per scadenze, per obiettivi.
Per questo, caro Venezia, non mi spaventa la serie B.
E la guardo con rimpianto e curiosità. Contento che si riparta e sperando si salvi l’oro lasciando altrove lo stagno.
Per questo amo lo sport più ancora del tifo.
Perché è più simile alla vita.
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