
Illuminare al meglio Venezia ville non lumière, nella notte, è un cruccio da secoli. Nel Settecento viene predisposto un impianto pubblico con fanali a olio – i “ferali”- che non funziona. Poi con l’Ottocento Venezia si dota del gas per un’illuminazione di parte della città storica, ma solo nel 1927 finalmente arriva l’elettricità: la tecnologia che sulla carta fa la differenza.
Ma l’impianto dell’illuminazione pubblica odierno ha bisogno di manutenzione e, come si era ricordato all’inizio dell’anno, Venezia non ha ancora un sistema che unisca gli effetti della buona illuminazione con gli interventi di messa a punto del sistema stesso, senza svilirne la portata storica.
Nei giorni scorsi alla Giudecca, sulla riva che dà sul canale nell’area del Redentore sono stati rimossi i tradizionali lampioni a candelabro, sostituiti con alti pali bianchi con alla sommità un punto luce, definiti “lampioni da tangenziale” dagli allibiti abitanti della Giudecca.
È stata cura del consigliere comunale Giovanni Andrea Martini di “Tutta la città insieme” di chiedere ragione di questo intervento con un’interrogazione permeata di grande attenzione e sensibilità per il delicato tessuto urbano della città storica, alla quale ha risposto l’assessora ai lavori pubblici Francesca Zaccariotto.
Si tratta di restauri necessari per venticinque lampioni fra la Giudecca e le Zattere, che vengono tolti dal loro contesto per essere sostituiti temporaneamente dai lampioni dozzinali che tanta indignazione hanno creato negli abitanti della Giudecca e – c’è da credere – in tutti quelli che lo verranno a sapere, veneziani e non.
La Zaccariotto lascia trapelare che questo è solo l’inizio di un intervento più complessivo.
Inoltre si interviene a ridosso della Festa del Redentore che ha il suo epicentro proprio nella Chiesa omonima alla Giudecca, senza alcuna sensibilità per la Festa, che tradizionalmente è veneziana. E poi perché non operare in loco, ma divellere e portare altrove e posizionare i dozzinali lampioni sostitutivi?
L’Assessorato dovrebbe occuparsi dell’illuminazione nel suo complesso, magari utilizzando gli studi effettuati tra il 1995 e il 1996, in occasione di un intervento di rinnovo dell’impianto che non portò mai altrove i lampioni, vissuti anche come arredo urbano cosa che è lontana mille miglia dal modus operandi di questa amministrazione.
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