
Da Quattro cantoni a Palla avvelenata, da Campanon a Piera alta, da Pac-man a Space Invaders, da Super Mario Bros a Call of Duty, ogni generazione ha i suoi giochi. Dalla nascita del videogioco in poi i giocattoli fisici hanno perso sempre più centralità, lasciando spazio a console che permettono ai consumatori di avere tra le mani un numero praticamente infinito di passatempi, tra loro tutti differenti. Ciò che hanno in comune è che, da Palla avvelenata ai videogame di ruolo contemporanei, qualunque sia il dispositivo o il luogo in cui si mette in atto, se si è da soli o in compagnia, i giochi sono dei mezzi per arrivare a compiere una terminata azione. Il Tamagochi è un piccolo uovo portatile con uno schermo rudimentale che ti permette di interagire con un animale da compagnia, la Nintendo DS sta in una tasca dello zaino e la puoi usare per giocare o fare fotografie, la Play station è una piattaforma fissa compatibile con migliaia di videogiochi, e via dicendo. Oggi, però, stiamo assistendo al ritorno dei giocattoli fisici, o meglio di pupazzetti e statuine che non fanno assolutamente niente, sono facilmente collezionabili.
Il videogaming continua a vivere il suo periodo d’oro, anche grazie alla ricerca tecnologica, la quale ha nei videogiochi proprio uno dei mezzi migliori per avanzare. Basti pensare alla grafica computerizzata, alla CGI, all’illustrazione 3D, ai software e ai dispositivi per la fruizione. Creare un buon videogame, oggi, è anche fare ricerca, inventare nuove tecnologie o evolvere quelle già esistenti. È anche vero che ormai i video-giocatori sono diventati una sorta di “razza a parte”, una specie di sottomondo di iperappassionati che si ritrovano in manifestazioni dedicate, come per esempio i Comicon, che sempre più spesso si spingono anche oltre al mondo del fumetto per abbracciare tutti i media di intrattenimento digitale, e non solo.
Se da un lato abbiamo tutti accesso facile a programmi e app di intrattenimento interattivo e videoludico, dall’altro sta diventando un mondo di nicchia, una “roba da nerd”, in una sorta di rapporto inversamente proporzionale all’aumento dell’uso dei social. Se fino a poco tempo fa i cosiddetti “tempi morti” venivano riempiti giocando sul telefono a Candy crush, e Facebook o Instagram erano qualcosa di diverso, da consultare nei momenti di totale relax oppure per condividere con gli altri parte della nostra vita, oggi i social sembrano sempre più monopolizzare la nostra giornata. Appena saliamo sull’autobus, o vogliamo una pausa dal lavoro, istintivamente apriamo Twitter o Instagram, anche solo per leggere le ultime notizie. Ecco quindi che sono proprio queste piattaforme a lanciare le nuove mode, anche per quanto riguarda il mondo dei giocattoli.
Negli ultimi tempi è esplosa la febbre delle “blind box”, vale a dire delle scatoline che contengono dei piccoli peluche o statuine collezionabili. Ogni “serie” ha un numero, di solito sei più uno “secret”, di figurine che si possono trovare nelle rispettive scatole. Le quali però sono, appunto, blind, vale a dire che non se ne conosce il contenuto al momento dell’acquisto. Sappiamo a quale serie appartengono, quali sono i sette pupazzi che si possono trovare, ma non il contenuto esatto. Un po’ come per i pacchetti di figurine Panini o di carte Pokemon, con cui si condivide anche la presenza di un pupazzo più raro degli altri e dal design segreto, detto appunto secret, Santo Graal dei collezionisti.
Ma come si è tornati alla moda del collezionismo? Tra le serie di blind box più in voga al momento ci sono quelle prodotte dal brand cinese Pop Mart, una vera e propria marca di giocattoli specializzata in questo tipo di “balocchi”. Il brand produce decine di diverse serie, ognuna delle quali segue un tema prestabilito o uno stile di design, con protagonisti i diversi personaggi inventati dalla marca.
I più famosi sono senza dubbio i Labubu, dei mostriciattoli con tantissimi denti e delle orecchie da coniglio, che Pop Mart vende sia in formato statuina, sia in formato portachiavi. Il grande successo di quest’ultimo deriva, da un’altra moda lanciata dai social, quello dei charms da attaccare alle borse, possibilmente di marca. Un’idea che ha la sua origine in quella grande icona della moda che era Jane Birkin, la quale usava riempire la sua omonima borsa di Hermes fino a farla scoppiare e aggiungere dei portachiavi o altri piccoli oggetti ai manici, rendendola del tutto personalizzata, una sorta di estensione del suo stesso essere. Qualche tempo fa la cantante K-pop Lisa decide di riportare in auge i big charms appendendo proprio un Labubu rosa alla sua borsa griffata. Nel giro di pochi mesi Pop Mart raddoppia i ricavi, chiudendo il 2024 a 3,4 miliardi di utili, con un aumento del 440 per cento dei ricavi nel quadrimestre dello scorso settembre.
Il fascino del collezionismo e la scarica di dopamina che genera l’unboxing cieco è da sempre la fortuna di molti brand sia di figurine sia di carte, ma un successo globale del genere a livello di pupazzetti mancava da anni, o forse non c’è mai stato. Interessante notare la velocità con cui questo nuovo fenomeno si è sparso in tutto il mondo, ma soprattutto la foga che genera nelle persone. Se una volta bastava andare dal giornalaio a comprare i pacchetti Panini, la geniale mossa di marketing di Pop Mart sta nella difficoltà di reperibilità. Le blind box non si comprano in edicola, ma come veri e propri articoli di lusso possono essere acquistati solo sul sito o nei negozi ufficiali. Le quantità messe a disposizione di volta in volta sono volutamente insufficienti, portando ad aumentare il senso di desiderio e di ansia. Se un pacchetto di My little pony, a metà anni Duemila, veniva venduto a pochi euro a ogni angolo della città, un Labubu costa, nella sua versione a portachiavi, 20€, invece in quelle da collezione, a grandezza bambolotto arriva, secondo il listino ufficiale, a 180€. Un vero e proprio articolo di quasi lusso o quantomeno trattato come tale. Non dimentichiamo il ruolo delle celebrity e degli influencer, a cui Pop Mart spedisce interi set in cambio di pubblicità. Il marketing è volto a trasformare un semplice portachiavi, di buona fattura ma dall’aspetto opinabile, in un bene desiderabile. L’unico vero e proprio bene di lusso alla portata di tutti ma che anche le star bramano. Per ottenerlo, bisogna fare code infinite sia sullo store online che in quelli fisici, i pochi che ci sono.
Poche settimane fa Rivista Studio ha realizzato un articolo a riguardo sostenendo che, a loro avviso, questa nuova moda ha così successo perché simile alle logiche del gioco d’azzardo: desidero il Labubu segreto color marrone scuro con tutto il cuore, nel momento dello spacchettamento vivo una botta di dopamina e adrenalina, seguita da felicità o sconforto. Che lo trovi o meno non ha importanza, vorrò riviere quell’emozione all’infinito, comprandone ancora. Questo è vero, però lo è anche per i già citati album Panini o le carte da collezione, le quali, nonostante il grande successo, non sono stati soggetto episodi di follia generale, a tratti violenta, come lo sono oggi le blind box. A ogni nuova uscita centinaia, se non migliaia, di persone si accampano davanti ai negozi Pop Mart o Miniso (altro brand che vende anche questo genere di articoli, oltre a prodotti per la casa e peluche più canonici) in attesa che le porte si aprano. In alcuni casi la smania della folla sfocia in situazioni pericolose, che richiedono l’intervento delle forze dell’ordine.
Una differenza sostanziale tra le figurine e i Labubu sta nel metodo di fruizione. Prima del 2016, anno in cui l’artista Kasing Lung, padre dei Monsters, entra in Pop Mart, l’azienda produceva principalmente per un pubblico di collezionisti, che quindi, come per le carte o le Panini, compravano i giocattoli per incrementare la propria raccolta personale e privata. La mossa, anche questa geniale a livello di marketing, che fa cambiare tutto è la decisione di rendere i Labubu dei charm, aggiungendo solamente un piccolo occhiello sulla testa del pupazzo. Da quel momento in poi il compratore medio cambia, da collezionista a ragazza di città, che passa molto tempo sui social influenzando e venendo influenzata dalle nuove mode. Ora i Labubu possono essere appesi sulle borse e mostrati in pubblico, vengono sfoggiati con orgoglio, rigorosamente in pendant con l’outfit. Da hobby casalingo a status symbol, cambio di rotta che ha resto il giovane CEO di Pop Mart, Wang Ning, multimiliardario a soli 38 anni.
Come per i prodotti di lusso, inoltre, anche i Labubu e le altre blind box non sfuggono ai furti e alle falsificazioni. In alcuni stati è addirittura pericoloso girare con uno di questi portachiavi attaccato alla borsa, poiché gli scippatori possono facilmente controllarne l’autenticità (tramite QR sull’etichetta) e rivenderli a prezzi esorbitanti. Lo stesso vale per le contraffazioni, un fenomeno talmente diffuso, soprattutto nel sud est asiatico e nei siti come Aliexpress, che i fan hanno coniato un nome specifico: un Labubu falso si chiama Lafufu e più è mal fatto più è simpatico. Allo stesso tempo il formato peluche permette le customizzazioni dando libero sfogo alla fantasia personale dei collezionisti.
Bloomberg ha sviscerato il fenomeno parlando anche di come la Cina, un paese che, dopo il covid, fatica ad attirare turisti, può utilizzare proprio i prodotti Pop Mart per vendere la propria immagine nel mondo. Una tecnica già messa in piedi dal governo da molti anni, che però al momento si focalizza su l’”esportazione” di panda giganti. I cuccioli vengono “regalati” agli zoo di tutto il mondo per pubblicità e segno di pace, come i due gemellini arrivati da poco a Hong Kong. I panda rivestono dunque un ruolo geopolitico che, secondo gli analisti della testata americana, dovrebbero essere sostituiti da altro, sia per diversificare sia perchè oggettivamente al momento i Labubu hanno conquistato il mondo.
Altro aspetto del fenomeno è quello puramente economico. GQ paragona la vendita delle blind box e la febbre che le circonda, al collezionismo delle sneakers, che soprattutto fino a una decina di anni fa, ma ancora oggi, porta centinaia di persone ad attendere il lancio dei nuovi modelli, davanti ai negozi di Adidas o Nike. Abbiamo già parlato dei drop limitati e dei secret, sistemi già usati nell’abito delle scarpe. L’ossessione per l’estetica kawaii orientale ha preso il sopravvento anche sui classici di quella occidentale, come le Air Jordan.
Campain Asia aggiunge un altro elemento. Sembra che i Labubu rispettino perfettamente quella, che in economia, si chiama la lipstpick theory, vale a dire la tendenza all’aumento nelle vendite di prodotti per la cura estetica, nei momenti di recessione. Nonostante la crisi, le persone hanno bisogno di continuare a “regalarsi” qualcosa, nei momenti di difficoltà o semplicemente per svago. Non potendo permettersi prodotti griffati, ci si sposta su quelli con prezzi più contenuti, ma allo stesso tempo ugualmente cool e trendy. Inoltre se le borse di Chanel sono uguali per tutti, la personalizzazione è soggettiva e unica. Si entra anche nel mondo della moda e delle sue logiche, senza mettere in mezzo i brand di vestiti o accessori, poiché il nuovo trend non riguarda più i capi ma un’azione applicata a essi, la customizzazione, appunto. In un mondo in cui siamo sempre più uguali tra noi, si sente il bisogno di essere diversi, usando però comunque dei beni di massa che tutti vogliono e hanno. In più la questione del blind aumenta ancora di più il rilascio di dopamina e la conseguente dipendenza.
L’insieme di tutti i fattori di cui abbiamo parlato porta al fatto che le blind box sono un fenomeno che ha poco a che fare con i bambini, pubblico principale dell’industria del giocattoli. Il prezzo e la difficoltà nella reperibilità, oltre alla diffusione sui social, tende ad avvicinare un pubblico più adulto. Non è più una questione di pupazzi comprati per giocarci, ma per incarnare un simbolo. Se l’elemento di gioco resta, nell’unboxing, si è comunque lontani dal mondo ludico. I bambini usano i giocattoli per conoscere il mondo, un pupazzetto né troppo disarticolato né troppo morbido, fa ben poco. Poi è ovvio che sempre più ragazzini usano i social e quindi la moda sia arrivata anche alla generazione alpha, ma resta un fenomeno che colpisce i millenial e le fasce più adulte della z.
L’idea geniale di Pop Mart di trasformare i suoi pupazzetti da giocattoli a prodotti che rispecchiano logiche economiche simili ai beni di lusso, sta ripagando enormemente, tanto che sono previste nuove aperture in varie città italiane, che si aggiungeranno a Milano, dove il negozio è costantemente preso d’assalto. Non si può sapere se la moda durerà abbastanza per vedere questo progetto diventare realtà, probabilmente no, resta però il fatto che i social e una cultura così morbosamente ossessionata dallo status symbol e dalla volontà di provare a tutti di potersi permettere gli stessi piccoli svaghi, che per una persona non milionaria non sono così tanto piccoli, delle star, ha portato un fenomeno come quello delle blind box a prosperare. Nonostante queste “febbri” intensissime abbiano la durata di un paio di stagioni, portando alla speculazione su quali potranno essere i prossimi Labubu, Pop Mart e marchi affini hanno messo in campo un nuovo modo di vendere, che implica anche l’uso dei social e delle sue personalità. Ora, a seguito dell’introduzione dei dazi americani, tutti si chiedono se anche il mercato delle blind box ne risentirà. Per ora Pop Mart sembra aver assicurato che i prezzi rimarranno accessibili, anche se si cominciano a notare dei piccoli rialzi.
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