A ventuno anni dall’omicidio di Massimiliano Cavotta, ucciso l’11 ottobre 2003 ad Altamura, è arrivata la prima condanna: il gup di Bari ha inflitto 20 anni di reclusione a Giovanni Loiudice, 63 anni, ritenuto uno dei due responsabili dell’agguato. Cavotta, 30 anni, fu assassinato con sette colpi di pistola e due colpi di fucile mentre rientrava a casa insieme alla moglie e al figlio di tre anni, che riuscirono a salvarsi.
Loiudice e Nicola Centonze, 48 anni, furono arrestati nel novembre 2024 dopo nuove indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari. I due sono accusati di omicidio volontario premeditato, detenzione e porto illegale di armi da fuoco, con l’aggravante del metodo mafioso e dell’agevolazione alla criminalità organizzata, riconosciuta nella sentenza. Secondo la ricostruzione dell’accusa, Cavotta sarebbe stato ucciso per vendetta: alcuni mesi prima aveva sparato e ferito proprio Loiudice, a seguito di contrasti con esponenti della criminalità organizzata altamurana.
Centonze, che è stato rinviato a giudizio e comparirà davanti alla Corte d’Assise di Bari, è anche coinvolto in un altro episodio di sangue: lo scorso 20 febbraio è stato arrestato, mentre era già in carcere, con l’accusa di essere il coordinatore dell’attentato dinamitardo del 5 marzo 2015 nel locale “Green Table” di Altamura, in cui morì il calciatore 27enne Domenico Martimucci. Nel processo per l’omicidio Cavotta si sono costituiti parte civile la Regione Puglia, il Comune di Altamura e i familiari della vittima.
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