
Poche cose rivelano l’incapacità di gestire la città dell’attuale amministrazione comunale veneziana come la recente vicenda del “taglio degli alberi”. Un terreno sul quale il Comune rivela una incapacità di gestire il territorio adeguata ai tempi che stiamo vivendo.
Venezia è tra i luoghi simbolo del cambiamento climatico.
L’innalzamento dei mari la mette a rischio di sommersione. La chiusura delle bocche di porto (al netto di criticità e problemi di funzionamento intrinseco ed e effetti sull’equilibrio lagunare più volte trattati da ytali) la può “salvare “per alcuni decenni. Poi bisognerà pensare ad altro …
In ogni caso si tratta di misure di “adattamento” al cambiamento climatico. Così vengono chiamate le misure per cui l’innalzamento delle temperature viene assunto come dato e ci si organizza per contenerne gli effetti.
Più difficile è trovare soluzioni per contenere e prevenire l’aumento delle temperature con misure che per questo vengono chiamate di “mitigazione”.
È questo il quadro entro il quale stupisce il modo in cui il Comune di Venezia affronta il problema degli alberi (e in generale del verde) in città.
È bastato che un leccio crollasse rovinosamente a Piazzale Roma, travolgendo alcune persone (per fortuna – e quasi per miracolo – senza conseguenze mortali) per scatenare reazioni che sembrano più ispirate a far vedere che qualcosa si fa, più che a una cura del patrimonio arboreo (che se fosse stata effettiva avrebbe probabilmente evitato il danno).
La cura degli alberi non serve solo al mantenimento di una qualità estetica della vita urbana, ma alla sua qualità ambientale. Nelle capitali e nelle grandi città europee (si pensi a Parigi, a Berlino, soprattutto a Londra) i grandi e numerosi parchi consentono alla popolazione di “andare a respirare” e di svolgere attività all’aperto in un ambiente sano e piacevole.
Questa cultura da noi non c’è. A darci un po’ di respiro c’è l’acqua, ma sono del tutto insufficienti parchi giardini e alberi in città.
Poi, al primo incidente la pubblica autorità reagisce male.
© Mario Santi
Il Comune ha messo in atto una serie di esternalizzazione, di appalti e subappalti lungo i quali anche le funzioni di indirizzo e controllo (quelle che restano – o dovrebbero restare – in capo al Comune), si sfilacciano fino a far sì che non si sa chi debba provvedere a cosa.
Il dubbio che passare da Comune a Consorzio Zorzetto (incaricato di gestire il coordinamento del verde) a ditte appaltatrici e sub appaltatrici porti a uno scadimento di qualità e capacità di gestione e controllo almeno pari se non superiore al risparmio in termini monetari è più che lecito.
A seguito dell’incidente di Piazzale Roma Il Comune ha avviato una campagna di tagli che sembra finalizzata alla logica del “non si fanno prigionieri”, con alberi di cui si cambia la classificazione (da “C” a “D” – nella la scala crescente di deterioramento, per cui i “D” sono pericolosi e da rimuovere subito) dalla sera alla mattina, pur di poterli abbattere e dimostrare che l’Amministrazione si preoccupa di evitare danni a cose e persone.
Ora sia chiaro che non mi sogno di negare la necessità di abbattere le piante gravemente deteriorate, per le quali siano realmente impossibili interventi di cura e recupero e che siano a rischio crollo.
Ma prima deve essere impostata, pianificata e a gestita una politica pubblica di salvaguardia e sviluppo, di impianto e manutenzione di alberi e di ampiamento e manutenzione di parchi, giardini e spazi verdi. Che sono la parte floristico, faunistica (si pensi ai nidi abbattuti con gli alberi) e ambientale della battaglia sull’uso dello spazio pubblico – in primis piazze e campi – necessaria a difendere la natura urbana, relazionale e inclusiva delle nostre città. Quindi anche di Venezia, della città lagunare e di quella terraferma. Se volete ridurla a slogan “più alberi, più verde e meno plateatici” può esser una immagine efficacie…
Ma entriamo nella cronaca – dopo tutto è nella natura di Ytali offrire riflessioni a partire da fatti …:
Dei tanti casi di “assalto agli alberi” ho potuto assistere a quello di campo San Giacomo (di venerdì 2 luglio 2025).
Qui c’era un vecchio platano visibilmente inclinato e sospettato di essere pericolante. Gli operatori della cooperativa Zorzetto, che coordina la gestione del verde per il Comune, affermano di aver effettuato prove di carico che avrebbero offerto elementi incontestabili per far propendere per l’abbattimento).
Erano presenti numerosi abitanti, comprensibilmente sconcertati e dispiaciuti all’idea di perdere un elemento storico del paesaggio del campo (piantato – sembra – nel 1929) e una preziosa ombra per la panchina che gli stava sotto- Si sono sollevate le obiezioni più semplici e di buon senso per fermare l’abbattimento. Da esplorare le possibilità di puntellare e sostenere l’albero, al legarlo a quello accanto per sostenerlo meglio. Poi si è provato a chiedere che con una potatura e una sostanziale riduzione delle sue dimensioni, l’albero fosse tenuto in vita almeno fino a quando avesse cominciato a crescere il platano che il Comune deve reimpiantare al posto di quello rimosso. Tutto inutile. La decisone era presa (mi sembra di capire più “politicamente” che tecnicamente) e si è proceduto all’abbattimento.
La prima considerazione che questa vicenda spinge a fare è relativa al deficit di comunicazione tra governanti e governati – a interrogarsi su cosa sia oggi la “democrazia”.
Nessuno, in Comune ha mai pensato non dico di discutere con i cittadini della decisione, ma neppure di comunicarla.
In altri comuni le delibere di abbattimento vengono messe in rete prima che questo avvenga.
Anche a Venezia, ma in altri tempi ammnistrativi, alla presidente dell’istituzione Parco di Mestre i tecnici prospettarono la necessità dell’abbattimento di un certo numero di piante. Venne convocata una assemblea pubblica e il confronto sulle motivazioni e l’ascolto dei diversi pareri portò da una iniziale opposizione ad una decisione condivisa.
In questo caso il Comune ha deciso – come ormai ci ha abituato da anni – senza cercare né accettare – una volta che questo si era creato “sul campo” – alcun contradditorio.
E a prendersi le giuste rimostranze dei “sudditi” (pardon … dei cittadini) non è venuto né il Sindaco né l’assessore ma una funzionaria che aveva sopra di lei il suo capo e un dirigente prime di arrivare al decisore politico …
Mentre scrivo – il 3 luglio cominciano ad arrivare notizie e immagini da Campo Sant’Agnese – dove è in corso l’ennesima “scontro” di questa “campagna” con Comune e ditte incaricate che vogliono abbattere anche alberi che a detta di chi li conosce sono sani (il che farebbe molto pensare sulla natura delle perizie; anche il 2 luglio a San Giacomo era stato proposto di procedere a un’altra perizia per capire se c’erano margini di conservazione e per Sant’Agnese questa via sarebbe anche più logica e …). San Giacomo, mentre erano pronti con le seghe elettriche a chi chiedeva di vedere il provvedimento di abbattimento è stato detto di fare un accesso agli atti (giorni di attesa …)
La conclusione ce la detta la realtà che ci dice che la cura e lo sviluppo del verde a livello urbano, peri urbano e lagunare è una necessità imposta dal cambiamento climatico, perché è una delle misure in grado di mitigarlo.
Bisogna perciò che cura e sviluppo del verde, a partire anche dalla difesa delle alberature esistenti e dal rapido, effettivo e immediato ripristino di quelli eventualmente rimosse) diventino una delle priorità della politica cittadina.
E che venga ricostruita la consulta del verde come strumento di confronto e collaborazione tra amministrazione e società civile. Una consulta che c’era, ma che è stata una delle prime vittime dello stile di governo accentratore introdotto dal Sindaco Brugnaro – come altre strutture “intermedie”, che servivano a mettere l’amministrazione in rapporto con – o almeno in ascolto della – società civile.
L’articolo Sos alberi a Venezia. “Potatemi e puntallatemi“ proviene da ytali..