Anche Sinner, per fortuna, è umano. E la grandezza di un campione si vede soprattutto nei momenti difficili, di fronte alla sconfitta, alla delusione, alla sofferenza per un risultato negativo. È capitato a chiunque e stasera, in una Roma ricca di eventi e di speranze, è toccato anche a Jannik Sinner, la macchina perfetta, il fenomeno altoatesino che ha avuto il merito di riaccendere la passione degli italiani per uno sport che, prima di lui, era appannaggio di una minoranza. Ha perso contro Carlitos Alcaraz, l’erede di Nadal, il fuoriclasse venuto dalla Spagna non solo per raccogliere l’eredità del maiorchino ma, soprattutto, per dar vita a una rivalità sportiva che illuminerà i prossimi quindici anni. Già al Roland Garros il nostro Sinner avrà modo di rifarsi. Niente drammi, dunque; anzi, la condivisione della gloria la rende ancora più bella e duratura. E complimenti al vincitore, perché non c’è stata partita: nel primo set ha faticato un po’, nel secondo ha dominato dall’inizio alla fine, meritando il successo e lasciando intravedere un tennis a tratti sublime. Forse Sinner ha pagato il periodo di inattività dovuto alla squalifica, forse non era in giornata al cospetto di un avversario di tutto rispetto, l’unico che, al momento, possa contendergli lo scettro di numero uno al mondo, forse è semplicemente incappato nella classica partitaccia in cui, prima o poi, incappa chiunque: “o vinci o impari”, questa è la sua filosofia, e di sicuro anche da questo insuccesso avrà imparato moltissimo. Senza contare che gli spagnoli sulla terra rossa sono quasi imbattibili. Federer egemonizzava ogni competizione, al pari di Ðoković, ma a Roma e a Parigi Nadal aveva una marcia in più. Dev’essere una caratteristica tipica degli iberici, un terreno sul quale si trovano a loro agio più degli altri. Il duello continua e, dopo questi Internazionali, sarà ancora più avvincente. L’amore del pubblico, del resto, è fuori discussione: bastava vedere gli spalti del Foro Italico per rendersi conto della percezione popolare in merito a una generazione che ci regalerà ancora tantissime soddisfazioni.
E fin qui ci siamo occupati del portento dai capelli arancioni. Che dire, invece, di Jasmine Paolini, un magnifico esempio di melting pot, capace di trionfare prima da sola contro l’americana Coco Gauff e poi in coppia con la “sorella maggiore” Sara Errani? Che dire di questa ragazza paffutella, dal viso simpatico, non alta, non muscolosa, non esibizionista eppure fortissima, con un sorriso smagliante, una grinta da fare spavento e la capacità di migliorarsi ogni giorno di più? Non a caso, è accorso a seguirla anche Mattarella, col quale, da quando è stata ricevuta al Quirinale qualche mese fa, ha instaurato un rapporto speciale. Jasmine, d’altronde, è così: unica, travolgente, indomita, in grado di reagire a qualunque difficoltà e di dare il meglio di sé in ogni circostanza. Per una volta, il volto simbolico del tennis italiano è il suo, regina sotto il cielo di Roma dopo esserlo stata alle Olimpiadi di Parigi.
Non dimentichiamoci, infine, di Lorenzo Musetti, Matteo Berrettini e tutti gli altri protagonisti, maschili e femminili, di questo sport che ormai ci è entrato nelle vene. Se il futuro è roseo, infatti, anche il presente non scherza. Siamo solo all’inizio: mettiamoci comodi e godiamoceli.
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